Recensione di LORO 1

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Che Sorrentino sia un buon regista che sa combinare fotografia e musica è ovvio, come del resto è ovvio che non è ne’ Fellini, ne’ Antonioni, ne’ Rosi. Servillo è un buon Attore, già nel Divo pericolosamente in bilico tra maschera e caricatura…

Qui l’equilibrio è inevitabilmente precario considerando che il soggetto-oggetto in questione è Berlusconi, da circa 10 anni la caricatura di sé stesso. Quindi il giudizio filmico è 6 1/2 con margine di miglioramento nel LORO2. Ma il pregio per cui il film merita tutto il prezzo del biglietto è metartistico: antropologico e sociologico. Rappresenta l’immane bruttezza dell’Italia alla fine dei suoi giorni. Siamo oltre la caduta degli Dei, siamo Oltre la loro sepoltura: siamo alla danza delle iene, sciacalli e zoccole sotto l’altare del fatuo denaro.

Mi spiego meglio: i potenti sono patetici personaggi, inetti ministri, ridicoli massoni, iaculatori precoci. I giovani sono inadeguati arrivisti senza progetti e senza futuro con l’unico scopo della ricchezza a tasso zero di lavoro e della goduria senza il piacere, il tutto autorisolto in una pista di cocaina che cancella ricordi e speranze.

Il passato rubato dai vecchi e il futuro sprecato dai giovani, ma il presente? Il presente sono le puttane. Ma non Luna la puttana metafisica di Uccellacci, non certo Dasy la puttana eroica di Easy, o la Silvana puttana manesca della grande guerra. Ma anche le puttane più recenti di 1992 avevano un profumo di vita e di storia; qui sono bambole di plastica, avatar della propria fica da sacrificare alla corte di potenti senza potere, ma con la sola squallida forza del ricatto dei ricchi suoi poveri.

Questo film è triste come triste è il nostro presente: generazioni di ragazze e ragazzi cresciuti con “non è la Rai” senza rispetto di sé e del proprio futuro, con l’idea che la scopata giusta con l’uomo giusto sia il gratta e vinci per il successo. Successo che si traduce non in potere o ricchezza, ma in mortificante mancetta (vedi olgettine) e poi mal che vada resta la cocaina. Anche la Sardegna in questa Italia diventa squallido proscenio dell’ultimo atto di una storia di degenerazione della quale tutto noi siamo stati complici.

Agostino La Marca

 

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