Recensione di IL DISPREZZO

Lunedì 10 luglio ore 21:45 Arena Daturi

IL DISPREZZO (v.o. francese con sottotitoli in italiano)

di Jean-Luc Godard con Brigitte Bardot, Michel Piccoli, Fritz Lang, 1h 45’, ITA-FRA 1963

È stato bellissimo rivedere Il disprezzo (che pure è un film che passa ogni tanto in televisione) in questa versione restaurata, al cinema.
Un film dove tutto è magnifico e straniante, e dove tutto, dai protagonisti alla storia d’amore, dalle location (i residui di Cinecittà, la villa di Curzio Malaparte a Capri), dalle immagini iconografiche che ti restano inchiodate alla memoria, è una grande lettera d’amore al cinema scritta da uno dei suoi più grandi rappresentanti, il regista Jean-Luc Godard. Questo è cinema che costruisce amicizie di una vita (Chi di voi non ha un amico carissimo che ti telefona nel mezzo del nulla per dirti “Ho appena sentito alla radio una intervista a Godard, te ne devo parlare assolutamente adesso”).
La trama flebile dell’omonimo romanzo di Moravia ci racconta la storia dello sceneggiatore Paolo Javal, interpretato da Michel Piccoli, e della moglie Emilia, una Brigitte Bardot bellissima che si consegna al cinema d’autore, scaraventati sul set di Fritz Lang che sta girando l’Odissea.
Paolo accetta il lavoro, che consiste nel riscrivere il film di Lang per renderlo più commerciale, più accessibile al pubblico, per garantire a Emilia lo stile di vita che lei gli richiede e contemporaneamente cede Emilia al laido produttore Jerry Prokosch (Jack Palance), personaggio depositario di memorabili battute quali “Quando sento parlare di cultura, metto mano al portafogli!”
La Bardot attraversa il film come oggetto di scambio, celebrata come un corpo e trattata come tale: le celebri scene di nudo della diva imposte a Godard, reinserite adesso nella versione originale, furono paradossalmente tagliate all’epoca. Perché non ne esce una bambolina sexy no, da quelle immagini, soprattutto da quella iniziale, esce una dichiarazione d’amore e di impotenza: “Ti amo totalmente, teneramente, tragicamente”, dice Piccoli alla Bardot, e si capisce già tutta l’inadeguatezza di lui. Ha per le mani una dea e le fa le offerte sbagliate. Gli chiedono di svilire la bellezza, riscrivendo l’Odissea, e lui accetta.
Avendo a disposizione la più grande icona sessuale degli anni ’60 Godard ne ha fatto un personaggio disperato e intelligente, che fa un’analisi lucida del proprio matrimonio, che conosce e svela la pochezza e la vigliaccheria del proprio marito e che lo tradisce, per sfida, per dispetto, per disprezzo appunto.
Il film riflette anche altre diverse situazioni, dalla messa in scena della relazione tra Godard stesso e Anna Karina, che ha fornito al regista il materiale reale per scrivere diversi dialoghi tesissimi tra i due protagonisti, al clima pesante del set, dove con la Bardot si parlava solo per intermediari, Palance non parlava francese, Godard si scontrava continuamente con i produttori.
Da questo magma incandescente esce un capolavoro del cinema, e noi che lo possiamo vedere siamo dei privilegiati.

Barbara Belzini

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